No, non accompagno mia figlia al nido.
Quella cosa lì di svegliarsi e catapultarsi fuori dal letto, vedere il mondo e vivere la frenesia mattutina, non mi appartiene. Non sono fatto così io. Il mio corpo non lo sopporta. Vado a letto troppo tardi per potermi svegliare troppo presto.
Va Lei, le sento che chiaccherano, che litigano, che si incartano in giacche, sciarpe e cuffiette. Che tornano indietro perchè si sono dimenticate qualcosa (a volte le scarpe) le sento andare via perchè sento andare via il calore nella stanza. Il respiro di Mini, il suo dormire arrotolata su sè stessa. Sento che sono andate via perchè adesso lei è grande, non ha bisogno di dormire fino alle 12 con il suo papà.
Va al nido e tutto è cambiato.
Mi sveglio solo. Pranzo solo, ma sporco in giro, come quando pranzavo con Mini.
Esco per andarla a prendere in bici o in macchina o (da qualche mese ) in skate. Ho il tempo di capire e ragionare su come si diventa, ogni giorno, papà.
Se il numero di pannolini da cambiare è diminuito, crescono i desideri di condividere con lei le sue conquiste quotidiane. Parlare, mangiare, correre, ballare, cantare. La banalità che diventa essenza. Quella normalità che abbiamo complicato crescendo, che tra le mani di Mini torna al suo posto originario.
Accettare il nido.
Condividere il tempo con tua figlia con estranei, affidarti e fidarti di altri perchè siano loro ad occuparsi di alcuni aspetti. Capire che lo sanno fare bene, molto bene e che quella cosa che temevi si è trasformata in crescita, in identità.
Sei un padre.
Il nido, è prima di tutto il luogo in cui prendiamo consapevolezza che i nostri figli sono esseri umani. Con degli impegni, degli orari, degli amici, delle regole. Senza di noi.
Che il tempo di separazione è il tempo di crescita. Che siamo noi a metterli al mondo, ma non siamo noi a darglielo. Se lo prendono loro, pezzettino per pezzettino. Che ti compro le scarpe con le strip se vedo che cerchi di indossarle da sola, che ti compro il vasino se mi dici Papo Pipì. Che mi sciolgo quando mi togli la mano perchè non vuoi essere tenuta, che sai che stai facendo qualcosa di pericoloso, che poi ci ripensi e mi chiedi la mano.
Che se non mi sei mancata fino alle 16.30, mi restituisci un pezzo di me ogni giorno alle 16.31 quando correndomi incontro, urli Papo.
Perchè mi chiami così, lo hai deciso, mi hai scelto.
Lo sono.
Papo
ah niente.
io vi amo tutti!