Palermo. Ferita. Resiliente. Femmina.
Perché lo si legge in ogni angolo di strada che ha dovuto soffrire e soffre ancora, di quel dolore intenso di chi partorisce bellezza e arte ogni istante. Una perenne gravida di desideri di rinascita.
Rinasce ad ogni vicolo nascosto, ad ogni muro crepato, ad ogni filo della luce caduto e ad ogni urlo dal balcone di una madre sempre di fretta, che non si accorge che chiama bambina una donna.
Cresce Palermo sotto i tuoi occhi, ogni volta che ti fermi ad ascoltare i passi stanchi di giovanissimi che ci provano, che restano, che resistono, che raschiano dove è più lurido per poter dire: questa è terra mia, è casa mia.
Lo dicono, ad ogni bancarella di frutta e verdura, ad ogni aringa sotto sale che conta gli anni di tutti quelli che non ci sono più, ma di cui sento il passaggio.
Lo dicono i polpi vivi, immersi nell’acqua bollente. Un pò di limone, un pò di pepe e prezzemolo.
L’arte di fare in strada, non solo il cibo ma anche l’amore.
Perché Palermo ti ama dai suoi marciapiedi distrutti, ti ama nello sguardo di un parcheggiatore abusivo, di una vecchia bottega di uno scarparo ormai chiuso.
Ti ama, ti desidera e ti prende ad ogni brace accesa che non è solo pane câ meusa, ma è Palermo, che ti palpeggia alla luce del sole, senza vergogna.
E’ Amore, è corpo, è sangue. E’ la Terra che in ogni istante lotta per vivere e respira la morte del tuo pregiudizio e della tua paura.
Vuole essere vissuta, anche solo poche ore.
Perché quello che impari è che se ci torni, ci resti.